Elisa Erin Bonomo
Recensire un’artista come Elisa Erin Bonomo è una sfida. E lo è per vari motivi. Anzitutto la ricchezza e la poliedricità dei contenuti, sia musicali che letterari, che rendono la sua produzione così densa che è difficile farne un riassunto, una recensione appunto. Per questo, ma non solo, diciamo subito che Sinusoide è un disco davvero “Bello” e lo scriviamo in maiuscolo, così da evidenziarne ancora di più il senso, ma nello stesso tempo vogliamo trovare le parole giuste per motivarlo, altrimenti detto così quell’aggettivo rimane freddo e sospeso.
Elisa, veneziana di nascita e padovana di adozione, esordisce dapprima con La Cantina dei Bardi, gruppo folk con cui incide due Ep, dopodiché avvia la carriera solista con il pluripremiato “Antifragile” (2017), sfoderando un rock d’autore, potente e ricercato, mai banale nei testi, caratteristica questa che conferma fin da subito la sua capacità di scrittura e non solo di interprete.
Con il nuovo lavoro, Sinusoide, Elisa attinge da entrambe le origini. Lo definisce lei stessa un concept album: una prima parte energica, dall’anima rock e una seconda acustica, più introspettiva e poetica. Il risultato è ben equilibrato e in tutto il disco troviamo melodie e parti strumentali ora ricercate ora più orecchiabili, in grado di soddisfare gusti e sfumature diverse. Un plauso particolare va alla voce e all’uso che ne fa, sempre diretta e precisa, non si perde in gorgheggi o sfoggi di tecnica, non gli interessa. Il concept si realizza soprattutto nei testi che, oltre ad avere delle tematiche di spessore, hanno una loro evoluzione traccia dopo traccia. È come fosse un monologo, un ragionamento, in cui si parte dalla rabbia dei primi brani, causa scatenante del flusso, che poi naturalmente si placa e lascia spazio a deduzioni più lucide e limpide. Tutto ha origine da una relazione tossica con l’opening track Ciclicamente, brano che parla apertamente di problemi di coppia che tornano “ciclicamente”, di sensualità e di veleno reciproco. Più in generale le prime 4 tracce sono vere sferzate adrenaliniche, con strofe arpeggiate e elettroniche distopiche che sfociano in ritornelli distorti dal tiro incredibile, per gli amanti del rock; impossibile non ondeggiare la testa e battere il piedino. I testi parlano di sensualità, vedi Non sono innocente; ossessione e malessere (La tua faccia), tradimento e ribellione al sistema con il brano Maleducata, che se vogliamo – con tutti i doverosi distinguo - è la Vita spericolata dei nostri tempi.
Con la quinta traccia, qualcosa cambia. Il ragionamento va avanti, ma si insinua la frustrazione e la ricerca dei perché. Le chitarre si schiariscono e i ritmi rallentano. “Maledetta me, che ti cerco, che ti voglio, che vorrei fare l'amore con te [...] Ma chi la vuole una vita con te?”. La metamorfosi continua con Tempesta, e con lei l’inizio delle sorprese negli arrangiamenti. Trovano spazio ritmiche tribali, armonizzazioni vocali e sonorità ariose, mentre le melodie (notevoli davvero) del brano esprimono paura e fragilità. “Cerco nell’immenso delle cose che non so la fine dei miei limiti e la quiete che non ho”.
Parlavamo degli arrangiamenti e della loro varietà che offrono soluzioni poco scontante. Ad esempio Nuvola, in collaborazione con Chiara Vidonis, è una ballata sulla meteoropatia, dove si alternano chitarra acustica, pianoforte e rumori di pioggia, oppure Altrove (il primo video estratto per la promozione), che si dota di vocalizzi elettronici e di sitar. Suggestione e un po’ di magone te lo provoca Grandi mai, preannunciata da ingranaggi di giocattoli e da carillon, con un testo che vuol essere una riflessione sul crescere, sulla famiglia, sul fatto che “stiamo sempre al cellulare, o a lavorare poi per chi, per sentirmi in colpa per questi quattro soldi”. Ad aggiungere ulteriore pathos, sul più bello, arriva un coro di bambini che intona “buongiorno, nuovo giorno felice ti farà”. E infine la grande costante della nostra generazione: “non saremo grandi mai”.
La storia tossica di inizio album trova la sua ragionata, chiara e degna conclusione con Come dirti. “Come dirti che il mio cuore è un posto affollato, ma c'è differenza tra un amore vissuto e un amore pensato? (...) Lasciami libera, non vedo alternative” mentre con Mille splendidi soli, traccia che chiude l’album, riemerge la world music, la sensualità, la ribellione e la forza riconquistata al termine di tutto. Cos’altro aggiungere? C’è ritmo e c’è poesia, c’è emozione e c’è potenza. Il pop, il rock, la tribalità e la canzone d’autore. Forse il rocker che è in me, nel primo ascolto, sperava di risentire qualche chitarra distorta anche alla fine, ma negli ascolti successivi ci si rende conto che non poteva che essere così. L’evoluzione del monologo, l’inizio, lo sviluppo, la fine, è il “percorso” il vero cuore pulsante dell’opera. Dodici tracce che diventano un unicum, dove puoi trovarti a ballare, ma subito dopo a commuoverti o comunque a riflettere.
Un’ultima riflessione. Elisa Bonomo non ha ancora una visibilità nazionale, è vero, ma è un’artista in forte crescita e la raggiungerà, ne siamo certi. È una di quelle artiste che ascolti una volta e ne rimani colpito. Il messaggio quindi è chiaro: chi può le dia palchi e spazi in cui presentare le sue canzoni. Il resto del romanzo è già scritto. Ed ha un bel finale.
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01. Ciclicamente
02. Maleducata
03. Non sono innocente
04. La tua faccia
05. Maledetta me
06. Vivere comunque
07. Tempesta
08. Nuvola (feat. Chiara Vidonis)
09. Grandi mai
10. Altrove
11. Come dirti
12. Mille Splendidi soli