Basta una voce gradevole accompagnata dal suono di un pianoforte per registrare un disco? È la domanda che ci si pone ascoltando Sono solo parole, una raccolta di celebri canzoni che vanno dagli anni trenta fino ai sessanta, reinterpretate in chiave jazz dal duo Voc&Piano, rispettivamente Aurora Pacchi e Antonella Gualandri.
Se si vuole avere il ricordo registrato di una propria passione allora la risposta alla domanda è sì. Nessun dubbio sull’intonazione della cantante e sull’accompagnamento musicale, un po’ meno sulle doti interpretative. Nei trentotto minuti del disco troviamo quelle canzoni che conosciamo tutti: da Il pinguino innamorato a Tintarella di Luna, da La canzone di Marinella a Parlami d’amore Mariù. Il risultato è un ascolto complessivamente gradevole per chi ha nostalgia di questi brani, certo non per tutti. Aurora e Antonella riescono a dare il meglio di sé con Il pinguino innamorato, che non perde la sua verve originale e non fa rimpiangere gli storici interpreti (Silvana Fioresi e il Trio Lescano). Bene anche Che cosa c’è di Gino Paoli e Sono solo parole.
Quando si ripropongono brani famosi di grandi interpreti si cade facilmente nella trappola del confronto con chi originariamente cantò quella canzone e molto spesso si finisce con non reggerlo, proprio perché a fare la differenza spesso non è una bella voce, ma la dote interpretativa. Dote, questa, assente in La canzone di Marinella di Fabrizio De André, ne Il cielo in una stanza Gino Paoli (in cui si sente anche un azzardo di cambio tempo ritmico che annulla il senso del testo), e in Tintarella di luna di Mina. Brani appena accennati, della durata media di due minuti, come quasi tutte le tracce del disco, che lasciano l’ascoltatore con un senso di incompletezza.

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