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Stefano Bollani

Stone in the water

Un materiale tematico apparentemente eterogeneo, con quattro pagine di Bollani, due del bassista Jesper Bodilsen (Orvieto e Edith), altrettante brasiliane (Dom de iludir di Caetano Veloso e Brigas nunca mais di Tom Jobim) e una classica, Improvisation 13 en la mineur di Poulenc, dà quasi miracolosamente luogo a un album del tutto omogeneo, cogitabondo, vaporoso, attraversato da una luce lieve, calibrata, mai sovraesposta. Ciò si deve a una precisa scelta di campo espressiva che accomuna i tre vertici del trio, di cui il pianista è certo il primo responsabile, ma che – come sempre dovrebbe essere – vede il totale coinvolgimento degli altri due poli. I tre si sono conosciuti nel 2002 grazie a Enrico Rava, e da allora quello che viene definito il Bollani Danish Trio ha iniziato un’attività progressivamente sempre più fitta, visto che da quel primo incontro in terra danese l’impressione che esistesse un retroterra (anche generazionale) fortemente condiviso era stata molla e collante per non lasciar cadere la cosa.

L’approccio ai temi (spesso poco più che un pretesto, un semplice input per scantonare altrove) procede come si diceva in maniera convergente, con la temperatura che lievita poco alla volta, talora raggiungendo un climax più diretto, estroverso, talaltra ripiegandosi costantemente su se stesso, in assoluta souplesse, senza grandi espansioni. Va da sé che, in un contesto del genere, il valore dei singoli brani risulti a sua volta molto omogeneo (e quindi le preferenze da noi espresse più sopra sono del tutto indicative), facendo preferire semmai segmenti di questo o quell’episodio, più che – magari – interi titoli.

Via via che l’ascolto procede, si fa strada la sensazione che ben difficilmente si possa immaginare un livello più alto, sofisticato, un respiro più puntuale e seducente, una proprietà di cogliere il dettaglio e una padronanza lessicale più elevate di quanto questo album ci proponga. Ciò, almeno, in una logica che fa ormai parte della classicità del jazz, da Bill Evans, a Jarrett, a Mehldau (tanto per fare tre nomi non a caso). Resta magari il fatto che da Bollani ci si attenda sempre qualcosa di più: non il colpo di teatro, per carità, che anzi a volte svilisce il suo straordinario talento, quanto proprio il colpo di genio, l’invenzione capace di spiazzare, di far saltare sulla sedia. Ciò che, in un album pur esemplare come questo, non troviamo.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Manfred Eicher
  • Anno: 2009
  • Durata: 61:49
  • Etichetta: ECM/Ducale

Elenco delle tracce

01. Dom de iludir
02. Orvieto
03. Edith
04. Brigas nunca mais
05. Il cervello del pavone
06. Un sasso nello stagno
07. Improvisation 13 en La mineur
08. Asuda
09. Joker in the Village

Brani migliori

  1. Orvieto
  2. Il cervello del pavone
  3. Asuda

Musicisti

Stefano Bollani: pianoforteJesper Bodilsen: contrabbassoMorten Lund: batteria