Roberto Durkovic & i Fantasisti del Metrò
Un «CD altamente indicato agli amanti della musica che sa anche far riflettere, a chi danza a piedi scalzi, a chi vede oltre, a chi frequenta solo “Strade aperte”» così ci presenta il suo nuovo lavoro Roberto Durkovic e la mia recensione potrebbe chiudersi qui, perché in pochissime parole ha saputo sintetizzare questo bel progetto.
Un disco che è possibile fruire su più livelli, quello ludico perché è un disco che smuove le gambe anche a chi non ha mai messo piede in una balera, che pone l’accento su temi “scottanti” affrontandoli da una visuale decisamente poco scontata, dedicato a chi guarda oltre il proprio orticello, a chi guarda al proprio futuro non solo con un’umana ma anche irrazionale paura, ma con la fiducia di poter cambiare il proprio destino purché vi sia la consapevolezza di poter accomunare le diversità, valorizzandole e non abbattendole.
Ma le canzoni? Beh si lasciano ascoltare con indicibile piacere, contaminate come sono da nostalgiche melodie, energici ritmi tzigani, ritmi di tempi andati, echi balcanici, swing d’oltre oceano, undici belle canzoni nel mezzo una cover d’autore, del suo idolo Guccini, Durkovic affronta, infatti, una canzone di culto come Il vecchio e il bambino e lo fa alla sua maniera o meglio alla loro maniera, perché dopo un inizio molto tradizionale lascia libero sfogo a quella inarrestabile macchina sonora rappresentata dai suoi Fantasisti del Metrò, artisti di strada rumeni. Basta ascoltare la strumentale Suita instrumentala per farsene un’idea, per vedere gli zingari sotto una luce diversa» tanto per usare ancora le parole di Durkovic.
Tra le tracce del disco citerei l’apripista Strade aperte che ci invita a guardare agli zingari non solo come «Sporchi, cattivi, sempre più brutti / Ladri, assassini, rapitori, di bambini» proprio perché «se solo li ascolti e li lasci parlare / Sgranano perle da terre lontane / Storie di fughe, echi di guerra». La tenera e sinuosa Dentro di me una poetica canzone d’amore delicata proprio come chi è «Senza difese dall’amore / Come un girasole fra le braccia di aprile». Di poesia è inzuppata anche Malà Strana, cullata dal magico clarinetto di Ion Bosnea, che poi infiamma di swing Il badante, narrazione delle peripezie senza sosta di un badante «Tra indifferenza e gente che va, va… / Avere per apparire, apparire per essere… forestiero».
Tutto prima di un tuffo finale nel proprio passato, quello nostalgico degli amori giovanili vissuti come «mille modi di sfuggire la noia» e quello goliardico raccontato nella spiritosa Il re della camporella perché, come indicano bene i cartelli segnaletici in copertina, arte, musica e libertà fanno a pugni con la noia.
01. Strade aperte
02. Tra Aurora e Morfeo
03. Unica dea
04. Dentro di me
05. Malà Strana
06. Un vecchio e un bambino
07. Suita instrumentala
08. Specchio
09. Il badante
10. Nostalgie
11. Il re della camporella
Roberto Durkovic: voce, chitarra Ion Bosnea: clarinetto, sax Massimiliano Alloisio: chitarra Adrian Dumitru: chitarra George Bosnea: violoncello Davide Marzagalli: batteria, percussioni Florian Albert Mihai: fisarmonica Minel Lupu: contrabbasso Ugo Begliomini: basso elettrico Emilio Rossi: tastiere e ingegnere del suono