Roberto Santoro
È un artista molto particolare Roberto Santoro e usiamo il termine “particolare” perché non è classificabile nelle tante categorie musicali che spesso, per mero bisogno formale, la critica musicale incasella gli artisti. Non è (solo) pop, non è (solo) rock, non è (solo) canzone d'autore, non è (solo) folk.
Eppure tutti questi aspetti sono ben presenti nella sua produzione e nel suo percorso musicale, fin dall'uscita del suo album d'esordio (“L'elisir del passionario”, Target 2006) che già definiva le sue modalità di approccio all'arte musicale. Brani ben strutturati, musicalmente ricchi di armonie e sfumature melodiche, testi sobri e ben calibrati, senza inutili orpelli stilistici che spesso, come vediamo in molte produzioni, non aggiungono un senso compiuto ma piuttosto appesantiscono “il senso” delle canzoni.
In Santoro è evidente e forte il bisogno di comunicare e di farlo in maniera diretta, senza parole alte ma con l'essenzialità di chi, nascendo al Sud, sa che si deve e si può essere essenziali senza minimamente inficiare o perdere la capacità di farsi capire in maniera piena e completa. E in questo, gli è tornato sicuramente utile tutto il bagaglio d’esperienza accumulato in anni e anni di gavetta vera fatta nei locali e nei pub di Milano, a suonare tutte le sere davanti ad un pubblico che dovevi conquistare ogni volta. Una capacità palese da “one man show” che non è sfuggita anche ad un nome tutelare della critica musicale in Italia, Mario Luzzatto Fegiz, che recentemente lo ha voluto al suo fianco nello spettacolo “Io odio i talent show”, che vedeva Fegiz raccontare artisti e aneddoti della musica italiana, lasciando a Santoro il compito (insieme ad un fisarmonicista russo) di gestire tutta la parte musicale.
Ora, nella primavera di questo 2012, arriva “Suite deserto”, il terzo album di Santoro. Forse quello più maturo, sia in termini musicali che testuali, perché è evidente il grande percorso di crescita che si è sviluppato in questi anni, anche attraverso l'esperienza dell'intenso “Santa libertà”, l’album del 2009 (uscito sempre per la Target, dove troviamo anche la mano sapiente di Mauro Pagani) che ha fatto da elemento di equilibrio artistico tra l'esordio e questo nuovo lavoro.
“Suite Deserto” non è un album da ascoltare di sfuggita oppure nel sottofondo del quotidiano, perché per comprenderne l'essenza è necessario ascoltarne con attenzione le sfumature e le suggestioni, quello che è percepito e quello che è immaginato. Un buon lavoro, quindi, che prefigura ampi spazi di crescita per la sua carriera, a cominciare dalla scelta dei nuovi compagni di viaggio. Nella produzione, ad esempio, oltre a Santoro stesso troviamo Andrea Viti, poliedrico personaggio (già bassista degli Afterhours e dei Karma) che ha aiutato Roberto a tracciare una nuova strada soprattutto nei suoni, negli arrangiamenti, nei dettagli (ma non per questo meno importanti) musicali.
Non possiamo poi non ricordare che Roberto Santoro è l'ultimo talento scoperto da quel grande produttore che è stato Angelo Carrara, prematuramente scomparso nel marzo scorso e che vogliamo ricordare per il grande apporto che ha dato, nella sua straordinaria carriera, alla scoperta ed al sostegno di grandi artisti ed, insieme, allo sviluppo della qualità della musica italiana.
01. Da lì all'eternità
02. Fuoco greco
03. Grazie
04. Sirenamia
05. Danza pe ril sole
06. Arrivati a Eldorado
07. La nenia di San Pantaleone
08. Ninna noir
09. Tu sei (io sono)
10. Ti chiamerò ironia
11. E poi m'illumino
Roberto Santoro: voce, chitarra acustica e semiacustica, chitarra elettrica, samples -
Dennis Stern: chitarra classica, chitarra elettrica, slide, e-bow -
Alessandro Esposti: piano Wurlitzer, piano Rhodes, synth, organo, fisarmonica, samples -
Andrea Viti: basso elettrico, 4 e 12 corde, basso acustico, freetless, synth, reamp e trattamenti, grammofono, percussioni -
Nick Taccori: batteria -
Matteo Sandri: synth in “Arrivati a Eldorado”