Arm on stage
Quattro musicisti si chiudono per una decina di giorni in un casolare immerso nel verde fra colli sperduti ed evocativi, giorni durante i quali improvvisano e scrivono una decina di pezzi pronti da registrare e raccogliere in un affascinante album rock impregnato di psichedelia. No, non sto parlando dei Pink Floyd o di qualche altro gruppo simile degli anni ’70, sto parlando della neonata formazione degli Arm on stage, ma se uno si trovasse tra le mani questo album, non sapesse nulla del retroscena e soprattutto non fosse editato su CD, l’illusione sarebbe perfetta. Gli Arm on stage, al secolo Claudio Domestico, Folco Orselli, Stefano Piro e Alessandro Sicardi hanno infatti confezionato un disco totalmente in inglese, di lunghezza complessiva inferiore ai 45 minuti come nella migliore tradizione del vecchio vinile, utilizzando sonorità decisamente rock ma di quello per niente rumoroso od ossessivo, anzi direi che nel disco prevalgono decisamente suadenti chitarre elettriche, morbide percussioni, suoni di tastiere in stile hammond e alla fine sembra davvero di fare un tuffo nel passato, in quello ad esempio dei Pink Floyd dei primissimi album, tanto per intendersi. Se The guardian con il suo incedere un po’ allucinogeno ci avvolge nelle sue spire sin dal primo ascolto, in Spider rain si odono persino sinistri rumori di porte e di gocce d’acqua, ma sono molti i passaggi che si lasciano apprezzare.
È un po’ come se questi quattro musicisti, ormai non più di primo pelo, avessero trovato il loro “posto delle fragole” di Bergmaniana memoria e le lancette degli orologi fossero improvvisamente svanite ed il tempo fermatosi agli anni ’70, quelli che evidentemente più hanno lasciato il segno nel loro immaginario musicale. Le canzoni sono state scritte tutte a quattro mani, ma a far da voce principale è Folco Orselli per quasi tutti i brani, tranne The mouse in the corn flakes box cantata da Stefano Piro e Wolf in town cantata da Claudio Domestico e devo ammettere che Orselli, abbandonata la tendenza ad arrochire in eccesso il proprio canto, rivela sorprendenti doti vocali. Sottolineerei poi la presenza di Pepe Ragonese e la sua magnifica tromba in The mouse in the corn flakes box.
Concludendo è un disco ben cantato, suonato ancora meglio e che si lascia ascoltare volentieri, anzi ha secondo me uno strano effetto ipnotico che porta ad abusarne, il mio consiglio dunque è quello di ascoltarlo con moderazione.
01. The Guardian
02. Spiritual
03. Desert Coffee
04. Spider Raid
05. Wolf In Town
06. Queen Is Gone
07. The Mouse In The Cornflakes Box
08. Sailor
09. Go On
10.Get Back
Claudio Domestico: acoustic guitar,
electric guitar, harmonica, lead voice (5), background vocals (9), electric
bass (9), ukulele (2)
Folco Orselli: lead voice, acoustic
guitar, electric guitar
Stefano Piro: piano, rhodes, wurlitzer, synths, background vocals, lead voice (7)
Alessandro Sicardi: electric bass,
upright bass, backgound vocals, guitar (9, 10), horns and strings arrangements
Daniele Parascandolo: drums,
percussion
Edoardo De Angelis:
violins (5)
Pepe Ragonese: trumpet
(7), trumpet solo (7)
Raffaele Kohler:
trumpet (7)
Luciano Macchia:
trombone (7)
Domenico Manone:
baritone sax (7)
Carlo Graziano: drums