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Irene Ghiotto

Superfluo

L'avevamo lasciata poco più che trentenne a sciogliere Giochi di parole e molto altro dietro a una tastiera, presentando simpatiche teste di polistirolo come sue coriste sul palco (sì, proprio quelle dei negozi di parrucche d'un tempo). L'avevamo inoltre lasciata con gli occhi verdi ben aperti e l'ironia pop dei capelli, anch'essi in parte verdi, che ci fissavano dalla copertina del suo primo disco.

Ora, rieccola. Irene Ghiotto è tornata con un nuovo album di inediti, Superfluo (Granita Records, distribuzione Artist First), ovvero dieci tracce in cui la ritroviamo sempre ironica, provocatrice, iconica, ma assolutamente più matura e meno ingenua, sia nel modo di cantare che di scrivere i suoi brani. Il secondo album della cantautrice vicentina (di Montecchio Maggiore, per la precisione, dove ha una scuola di canto, le Officine Limoni, nella quale insegna canto pop, scrittura creativa, songwriting e musica d’insieme) appare intrigante fin dalla copertina. Un manichino, di quelli che si usano per studiare le proporzioni e i movimenti del corpo nel disegno, seduto in una posa ben poco convenzionale che, pur essendo senza testa, ha il volto di Irene in sovrapposizione (spiccano gli occhi chiari e la bocca di bambola declinati in toni fluò) e rappresenta nitidamente la "nuova" Irene Ghiotto. I giochi di parole di cu parlavamo all'inizio continuano, anzi ricominciano proprio da qui, dal titolo del disco e dalla fotografia in copertina, per questo motivo vi ci soffermiamo. Il limite tra il serio e l'ironico si fa sottile, profondo, e allo stesso tempo superficiale, apparente. Il titolo, Superfluo che, lei stessa ci invita a leggere superflùo (flùo come abbreviazione di fluorescente appunto), ci dice che si tratta di un album coloratissimo, ancora più pop del precedente, che addirittura il pop lo dichiarava nel titolo. Un disco dai colori vivaci dicevamo, ricco di sfumature rapide, tonalità decise, accostamenti azzardati ed immagini dense di significati, in tutti i brani, non soltanto in copertina.

È il lavoro di una donna, non c'è dubbio, di una donna e di una musicista che in questi anni ha condotto un percorso artistico interessante, per nulla scontato. Un disco che percepiamo genuino e necessario, perché è tutto frutto della sua voce, della sua sensibilità e della sua musica - e chi vive di musica sa bene che non vorrebbe fare null'altro che quello - ma allo stesso tempo è un disco che la stessa autrice definisce superfluo, come recita invece il titolo senza l'accento. Superfluo, come tutte le cose che non sono richieste, che non "servono" quotidianamente al vivere e al sentire comune (quello di certa musica preconfezionata dalle sonorità impeccabili e artefatte) e superfluo - appunto - come quel pelo che sembra rimasto impigliato in un angolo dell'immagine di copertina, e che anche chi scrive, certa di non essere stata l'unica, ha provato per un istante a grattar via con l'unghia. Un po' spiazzante come approccio, a dir la verità. Ma fermarsi alla copertina non ha senso, nonostante anche le immagini siano parte importante del progetto e di questo, crediamo, in modo particolare.

Irene è tornata, ed è lei stessa a dircelo fin dalle prime frasi del brano d'apertura, Il giro di me stessa, che ci riporta dentro al suo mondo con la stessa onestà con cui sembra guardarsi allo specchio: Irene è un'artista più matura, lo si vede e lo si sente immediatamente. Assurdità, il primo singolo estratto dall'album ed uno dei brani che ci sono piaciuti di più, è una sorta di manifesto del gioco delle parti. Guardare il mondo attraverso il suo contrario, considerare le parole rispetto al loro opposto, in un continuo, ossessivo, ripetersi di contrastanti punti di vista (Link al videoclip). Irene Ghiotto con coraggio affronta in questo e nei brani successivi il modo in cui gli altri ci vedono, l'idea che si fanno di noi, ed in particolare di lei come cantautrice, riluttante alle convenzioni e spregiudicata, nonostante la voce sia sempre dolce e cristallina, nonostante lei non usi armature o camouflage: "Se dovessi mai cantare con una voce che non è la mia: UCCIDIMI (...)/ Se mi dovessi accontentare di un sogno che non è più il mio: UCCIDIMI" (da È una canzone triste). Eccola, qui c'è tutta l'Irene di oggi: più forte, determinata e fiera della propria consapevolezza artistica e femminile. E questa forse è la vera novità. Una preghiera per tutti, il secondo singolo tratto dall'album, è una specie di litania martellante ed introspettiva, una sorta di Padre nostro laico e disilluso, un brano dalla ritmica forte, battente, quasi ossessiva (Link al video). Passa anche da qui la metamorfosi di Irene Ghiotto, espressa ancora più nitidamente in Sotto a chi mi tocca, brano deciso e diretto, quasi spregiudicato che, giocando con evidenti citazioni (esordisce con "Non sono una signora e non sono dolcemente complicata" e continua con "prenditela tu quella vestita con le gonne") sovverte i luoghi comuni e punta orgogliosamente il dito contro una certa visione maschile, in particolare nel mondo della canzone d'autore, dove, a dispetto del pensare comune, il fermento femminile è oggi più che presente e assolutamente vivace. L'album però non è solo battaglia e rivendicazione: è anche introspezione, riflessione (nella duplice accezione di pensiero personale e visione speculare), calma, apertura. È un disco ricco di personalità e di idee, nonché di sonorità varie, originali e molto accurate negli arrangiamenti di Carlo Carcano, in cui si evidenziano le contraddizioni dell'essere donna e artista, protagonista e insieme spettatrice, in un dialogo continuo con le propria origine e i propri sogni; ma Irene Ghiotto sa bene da dove proviene e in che direzione sta andando. Il brano di chiusura ad esempio, Cento, è una confessione lenta e quieta, adagiata sulle note del pianoforte, che si muove con voce sussurrata in attesa dell'apertura degli archi e dei fiati. È un modo per dirci che possiamo fermarci serenamente ad ascoltare, provando a raccogliere, se lo desideriamo, quanto lei ci offre: questo lavoro sincero e genuino, come testimonianza e piacevole sorpresa di una chiara e interessante evoluzione artistica. Bentornata quindi, Irene!   foto: Riccardo Forchesato, dal sito.  

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Irene Ghiotto e Carlo Carcano
  • Anno: 2019
  • Durata: 32:00
  • Etichetta: Granita Records

Elenco delle tracce

01. Il giro di me stessa
02. Assurdità
03. Cento
04. Preghiera per tutti
05. Gli ingegneri delle anime umane
06. Sotto a chi mi tocca
07. Amarsi e fare fiasco
08. È una canzone triste
09. Piccola apocalisse
10. Le cose

Brani migliori

  1. Assurdità
  2. Sotto a chi mi tocca
  3. Le cose

Musicisti

Irene Ghiotto: voce, pianoforte, tastiere, organi, suonini e colori, percussioni - Daniele Asnicar: chitarre - Davide Angelini: batteria - Filippo Vignato: trombone - Mirko Cisilino: corno - Fabio de Cataldo e Matteo Morrassut: trombone basso - Arrangiamenti: Irene Ghiotto e Carlo Carcano