Piqued Jacks
Questo dei toscani Piqued Jacks è un disco che fa strabuzzare gli occhi ed appizzare le orecchie. Un disco ambizioso e nello stesso tempo disarmante per la creatività e la tecnica produttiva con cui è confezionato. Roba da non credere che sia pensato e prodotto in Italia, perché lavori come questi devi andarteli a cercare con il lanternino e non ne trovi molti. Un album che (purtroppo) attecchirà più all’estero che da noi. Basti pensare che tre produttori dalle uova d’oro come Bratt Shaw, Julian Emery e Dan Weller (già al lavoro con Florence & The Machine, Nothing But Thieves e Enter Shikari) sono della partita, schierando in campo tutta la loro pregiata esperienza per modellare con maestria gli undici brani di un’opera profonda, vera, con asse introspettiva che invita a ca(r)pire dai testi e dalle musiche i significati più imi e filosofici.
Sia chiaro, nei brani ai parla di vita vissuta e mica di chissà quale ermetismo tematico e anche questa è la forza prorompente di Synchronizer che, dopo appena un mesetto dall’uscita, sfoggia ben cinque singoli in bella vista: Every day special, Golden mine, Elephant (forse il migliore della cinquina), Mysterious equations e Fire Brigade. Brani che marcano territori tra fragori di alt-rock, british, post-wave e new-qualcos’altro, con scintillii vocali, fluttuazioni spaziali ed atmosfere quadrate e murate da un sound ben definito, coeso, massiccio e per nulla scalfito da crepe o difetti di fabbrica.
In appena sei anni, i toscani Piqued Jacks - con quest’album - toccano apici impensabili di maturità poiché se pensiamo che, ad inizio avventura, non avevano le idee chiare su quale direzione artistico-musicale prendere. A casa mia tutto ciò si traduce in una sola parola: talento. Di quello vistoso, ialino, lapalissiano, che gli ha permesso di bruciare le tappe nel creare un amalgama formidabile non solo sonoro, ma anche di band in evoluzione continua, con un approccio a testa alta che invaderà il mercato estero senza ostentare modi affettati o puzza sotto il naso.
Le lezioni impartite negli ascolti dai vari Nothing But Thieves, Death Cub for Cutie, Coldplay, The Killers e un po’dagli Image Dragons, han talmente penetrato le sinapsi del quartetto pistoiese che, oggi, gli riesce tutto fluido, addizzionandolo, tuttavia, con spezie fantasiose ed induttive per anelare, (da oggi in poi), un percorso individuale che esuli da spicce etichettature di genere. Come ulteriore esempio, prendiamo Spin my Boy o Hello?, due brani la cui la proposta è talmente variegata che puoi strizzare tutte le menti del caso senza riuscire a “bollarla” con altre identità similari. Forse, in radure ballad come Call my name, non riescono ad esaltare, anche se lo slancio seduttivo avvertito nell’intero lotto è fuori discussione.
Insomma, ogni tre anni i Piqued Jacks tornano sempre con una certezza: alzare l’asticella progettuale per puntare a nuove altezze professionali. Non so come riusciranno a superarsi alla prossima prova, dal momento che qui hanno stabilito un primato produttivo (per ora) impareggiabile. Paragono il combo toscano al salto di 2,45 m. di Javier Sotomayor: durerà ancora a lungo.
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01. Golden Mine
02. Every Day Special
03. Spin My Boy
04. Mysterious Equations
05. Elephant
06. Call my name
07. Dancers in Time
08. Purgatory Law
09. Fire brigade
10. Hello?
11. Lonely Hearts, CozyHut
E-King (voce, tastiere) - Littlelade (basso) - HolyHargot (batteria) - Maijic-o (chitarra)