Bachi Da Pietra
Forse l’unico cantautorato oggi
possibile – in quest’Italia malsana ed immota, intrappolata senza scampo tra
speculatori ed aguzzini – è quello dei Bachi
Da Pietra: per chi si ostina a non volersi conformare al vertiginoso pendio
culturale dal quale stiamo miseramente ruzzolando, l’unica possibile colonna
sonora è quella ossuta ed ostile con cui Bruno Dorella e Giovanni Succi
riempiono (svuotano?) il proprio progetto artistico.
Pesante, sfiancante, claustrofobica:
non è certo musica leggera quella che i Bachi propongono sin dal debutto “Tornare
Nella Terra”. E, citando Fossati, nemmeno “la dobbiamo cantare”: oggi come
allora, il duo non sfrutta facili scorciatoie, non rende intelligibile la
propria poetica, non ricerca l’empatia dell’ascoltatore. Una batteria minimale,
una chitarra mutante, una voce volutamente sporca: alla piena comprensione dei
brani si arriva a fatica, come fosse un traguardo.
Ma vale la pena di tentare,
perché – lo dicevamo – i Bachi Da Pietra fanno l’unico cantautorato adatto a
questi tempi sbandati. L’uso della parola da parte di Succi è ormai così
studiato ed esperto da lasciare storditi: nelle sue liriche migliori si
scontrano stasi ed evoluzione, saggezza antica e disperazione urlata di un
non-futuro. Scremato da taluni eccessi verbali e da qualche soluzione criptica
di troppo presenti nei dischi precedenti, la vera novità è che Tarlo Terzo sceglie di volare basso, di
farsi radente il suolo: meno stream of
consciousness, mentre gli ambiti (I
Suoi Brillanti Anni Ottanta) e le
denunce (Mestiere Che Paghi Per Fare,
la splendida Lui Verrà) sono più
chiari e circostanziati. Anzi, nel caso della sardonica Fosforo Bianco Democratico («eccola: l’arma chimica di distruzione
di massa democratica / civile, occidentale, omologata, legale») Succi sceglie
proprio l’attualità, dimostrando che anche quella screziata e dissonante dei Bachi
da Pietra è tout court arte-per-la-vita: persino il «dormire nei fossi» – che in
Lunedì (dal predecessore “Non Io”) si
proclamava come estrema autodifesa contro un flusso mediatico insostenibile –
non è oggi più auspicabile. Eppure rimane nel duo un inesorabile istinto
all’autoannullamento («tutto quello che gli serviva davvero del mondo / fu un
angolo sudicio e tutta una notte dilatarsi nel caos / e la scala del solaio e
ciao«», da Per La Scala Del Solaio),
infido effetto collaterale del troppo che abbiamo: ed è forse questa contraddizione
di fondo che rende l’esperienza dei Bachi insieme debilitante e risolutiva,
potendosi ergere il duo a perfetto cantore dello smarrimento moderno.
01. Servo
02. Mestiere che paghi per fare
03. Tarlo della sete
04. I suoi brillanti anni Ottanta
05. Lina
06. Seme nero
07. Lui verrà
08. Andata
09. FBD (Fosforo bianco democratico)
10. Dal nulla nel nulla
11. Per la scala del solaio
Bruno Dorella: la
doppia pelle e il ferro
Giovanni Succi: la
gola, la corda, il legno