Francesco Forni
La forza dello stare insieme ed
insieme crescere, del fare rete per la musica. Scambiarsi esperienze,
condividere spazi, ritrovarsi a suonare nei rispettivi dischi altrui. A Roma
sta succedendo qualcosa, di nuovo. Dopo il Folkstudio, dopo l’ondata della generazione
del Locale dei vari Gazzè, Fabi, Silvestri, ora il Collettivo Angelo Mai e un
gruppo di cantautori che hanno tutte le carte in regola per fare qualcosa di
importante. Nelle scorse settimane eravamo qui a raccontarvi del confortante
ritorno di Roberto Angelini – insieme a Pino Marino e Filippo Gatti, dei quali
attendiamo (trepidanti) le nuove uscite, tra le colonne del Collettivo – adesso
eccovi l’esordio di Francesco Forni, finalista all'edizione 2008 de "L'Artista che non c'era".
Uno che fino a cinque anni fa non aveva mai provato a usare la voce – ma la chitarra
sì, e si sente. Uno con un curriculum infarcito delle esperienze più diverse (cover
band, cinema, teatro con la pièce tratta da “Gomorra”). Uno che prende il
blues, quello originario anteguerra e lo mischia ad una sensibilità moderna, ma
non troppo, e al contempo tradizionale, ma non troppo, che guarda ai modelli
con rispetto e un pizzico di incoscienza, e soprattutto cantando in italiano
senza apparire artificiale o ancor peggio forzato. Tempi meravigliosi è il parto sorprendente – per songwriting e
visione d’insieme – di una persona cresciuta immersa nella musica, di un vero e
proprio consumatore di dischi che
espone in nove canzoni e una cover un mondo certamente non originale, ma suo.
La blues calligrafia (proprio intesa
come bella scrittura: vedi al capitolo John Lee Hooker) di Non adesso, coda di fremiti elettrici, vibrafono e contrabbasso
legnoso, spiega da dove si parte e dove si arriverà. Fortuna sporca con spezie bossa nova (vedi al capitolo Caetano
Veloso) una preghiera folk al Caso contro l’inciampo e il rigetto. La title-track
è un come-volevasi-dimostrare di quanto detto all’inizio, giacché gli archi di Rodrigo D’Erasmo e il cinematico solo
di elettrica sul finale di Roberto Angelini impreziosiscono un pop-blues
elegante come Pino Daniele non ne scrive più da mo’; mentre Blue Venom Bar – zolfo, fumo e tasso
alcolemico sopra la norma – omaggia Django attraverso i più tipici personaggi
dell’epica waitsiana e clarini ectoplasmatici in zona Allan Poe. Non meno
spettrale e funerea, Altri vestiti è
una marcia che ha la forza poetica di un outsider come gianCarlo Onorato e lo
stesso spirito – rodhes e vibrafono ad attaccare la spina a stelle tristi e
incerte – di un Capossela più vicino al cimitero che al circo. In chiusura Una stella
dimostra come Forni sappia scrivere anche semplici e splendide canzoni pop
(questa volta l’outsider di turno è Pasquale Defina) intanto che una rilettura
acustica-voce di Voodoo Child termina
coraggiosamente, là da dove eravamo partiti, un disco diamante nella pietra
viva della realtà capitolina. Decisamente consigliato.
01. Non adesso
02. Fortuna
03. Tempi meravigliosi
04. Tre metri sotto terra
05. Un giorno qualunque
06. Blue Venom Bar
07. Altri vestiti
08. Il sapore della tosse
09. Una stella
10. Voodoo Child (slight return)
Francesco Forni:
voce, chitarra acustica, dobro, chitarra elettrica, guild semiacustica
Andrea Pesce:
piano rhodes, moog, vibrafono
Salvio Vassallo:
batteria
Giacomo Pedicini:
contrabbasso
Fabio Rondanini:
percussioni, batteria
Davide Piersanti:
trombone
Raffaella Misiti:
cori
Roberto Angelini:
chitarra elettrica
Rodrigo D’Erasmo:
violini
Renato Ciunfrini:
clarino, sax
Angelo Mai Occupato:
festa
Gabriele Lazzarotti:
basso
Barbara Eramo:
cori