I ritmici colori del dialetto, la patchanka etnica,
il folk estivo e una colata di ottimo reggae giamaicano mescolato ad una buona
base di funk: tutto questo è il terzo disco dei Taranta Terapy: Terra
K’Abballa. Prodotto di una terra che vive di contraddizioni, morti veloci,
vendette precoci; una Calabria K’Abballa nel giro di canzoni che parlano «d’amore,
di guerra e di libertà»: perché questa stessa terra è viva e balla. Soprattutto,
balla. Ricco di featuring, come in
Cor'i ssa terra, in cui la potente patchanka si lega al sound degli
Après la Classe, qui nella esplosiva performance di
Cesko. Energie
positive e movimento come base di una rivoluzione da portare nella terra
vergata dalla mafia, ripartire dal dolore per cantare l’amore verso questa
terra, verso le proprie radici, richiamando i 99 Posse e i Sud Sound System. «Quando
ti nasce nu figlio/ questa terra diventa invivibile/ Questo non giustifica la
paura/ Guarda negli occhi questa creatura»: questo l’incipit di
A Terra d’a Mafia, featuring
Daniele Sepe, manifesto di un movimento
culturale fatto di danze, rituali, speranze, sole, mare e una miscela di stili
tutti in levare: la dance hall
A matina miscelata al sound system della
calabrese
Mujina Crew; lo ska imperioso di
Paru
Na Bumma e
Lo Stanco ; il reggae
giamaicano di
Bona Simenta, aperta
dalla voce di Bob Marley; e l’etnico richiamo alle radici di
Yuri. Una festa musicale per una album
che rappresenta la terza parte, La terra, di un progetto dedicato ai quattro
elementi: aria, acqua, terra e fuoco, che dall’
Arezzo Wave al
Rock Targato Italia, in entrambi finalisti per la
sezione Sud, dal celebre
Invasioni Festival di
Cosenza, al
MEI Sud e lo
Zion Village di Livorno, fino al premio per
il
Radici Contest
al
Radici Festival di
Viggianello nel 2008, ha
stupito tutti.
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