Giovanni Peli
Giovanni Peli è un nome noto per quanto riguarda la canzone bresciana e vanta una storia che ha vissuto una lunga gestazione prima di incanalarsi sulla strada maestra. Curioso per natura, poliglotta artisticamente, Giovanni Peli ha sempre amato muoversi libero in varie direzioni, talvolta prediligendo il verbo (la parola) e altre volte invece concentrandosi più sulla forma canzone. Nato come poeta, durante la sua carriera ha spesso affiancato – scrivendo per lui diversi testi - l’amico e bravo cantautore bresciano Paolo Cattaneo.
Dopo molti lavori, parecchi dei quali sotto forma di demo non ufficiali, Giovanni è riuscito in questi ultimi anni a direzionare finalmente il suo talento e le sue energie nella realizzazione di un disco ben strutturato. Ed è per questo che l'album di cui trattiamo ora, Tutto ciò che si poteva cantare, può essere considerato il suo esordio ufficiale, alla “veneranda” età di 34 anni. A differenza dei precedenti tentativi l’album in questione può contare non solo su testi e canzoni all’altezza e su musicisti di valore, ma - ed è questo il valore aggiunto che ha consentito a Giovanni di fare il salto di qualità - su un produttore come ce ne sono pochi in giro in questo momento, Stefano Castagna. L’uomo giusto al momento giusto, quindi, che è riuscito a dare ciò che mancava a Giovanni per decollare: l’organicità e la progettualità per fare di tante canzoni un disco e non un semplice assemblaggio di brani.
Naturalmente rimangono inalterate le caratteristiche di Giovanni Peli, quindi il passo lento e compassato e una certa difficoltà a farsi comprendere di getto, ma quest'ultimo non è necessariamente un difetto. L'album offre parecchi spunti interessanti e tutte le canzoni sono piacevoli e omogenee, mentre il rischio di vedere le canzoni sfilacciarsi, punto debole di Giovanni Peli, è molto ridotto rispetto ai lavori precedenti. Insomma, le canzoni - detto fuor di metafora - stanno in piedi. Tant'è che è difficile scegliere i brani migliori. Sicuramente piace Tutto quello che fai, cantato con la raffinata Angela Kinczly (altra artista bresciana di sicuro spessore), che appare anche nel bel video realizzato. Mani di foglia, con la sua chitarra sbarazzina e l'elegante soffio di tromba, pare un pezzo di Max Gazzè, con un testo molto poetico: "di fronte al mio pensiero cambio forma, se lo afferro con forza ho mani di foglia”, mentre il brano Viene la notte rivela, dietro il suono cupo, una coperta che avvolge e scalda, solo voce e tappeto sonoro. Le maschere è al contrario vivace, con una chitarra alla Carlos Alomar (lo storico chitarrista di David Bowie) e un testo questa volta immediato ed efficace, soprattutto nel refrain "quando non c'ero, che cosa travestivi di bellezza?". Tutti i brani comunque rivelano qualcosa di importante, sia per i testi, che a volte diventano persino troppo espliciti, come in Corallo ("erano giorni di canzoni inglesi, di speranze contro Berlusconi"), sia per le musiche, che manifestano una indubbia preparazione (merito anche del co-arrangiatore e preproduttore Silvio Uboldi), con una predilezione verso la chitarra, acustica o elettrica a secondo delle circostanze richieste dalla canzone. Tremendamente d'impatto è il riff che apre Incrocio, così come bella e sospesa è Piccola ombra, capace di creare una situazione lunare che rimanda alla grazia di David Sylvian.
Un disco che riabilita e persino nobilita Giovanni Peli, al quale ora è chiesto di confermare le qualità di questo disco nei successivi capitoli discografici, dando continuità ad una carriera ora definitivamente avviata.
01. Tu amore perduto
02. Qualche volta nei tuoi occhi
03. Tutto quello che fai
04. Il nome che vuoi
05. Mani di foglia
06. Viene la notte
07. Le maschere
08. Corallo
09. Incrocio
10. La piccola ombra
Giovanni Peli: chitarre e voce -
Silvio Uboldi: tastiere -
Beppe Mondini: batteria -
Giorgio Morcelli: basso -
Ettore Ferronato: tromba -
Angela Kinczly: cori -
Michele Maolucci: contrabbasso