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Alfredo Marasti

Ultimo D’Annunzio

Son vivo e vivo nelle mie parole,
sono il Superuomo al di là del bene e del male
Son avido di pace dopo tanta guerra
e vado in cerca di un silenzio sepolcrale.
Il popolo italiano non sa cosa farne
del mio genio e del suffragio universale.
Io ho la mia arte da rinnovellare
che vive intorno a me e che chiamai Il Vittoriale. 

L’Immaginifico, l’esteta, il Vate, il temerario e visionario condottiero della conquista di Fiume, ma anche l’interventista, sostenitore e amico di Mussolini. E il tombeur de femmes, che si circondava di donne bellissime e affascinanti ed ebbe – si dice – quasi quattromila amanti. Uno dei più grandi poeti ed autori della nostra letteratura, ma anche una delle figure pubbliche più iconiche e al tempo stesso più controverse tra Ottocento e Novecento: tutto questo, e molto altro, è Gabriele D’Annunzio. Un personaggio al quale non è possibile restare indifferenti, che ci si lasci catturare dagli straordinari affreschi verbali contenuti nelle sue pagine immortali, che si biasimino le sue posizioni politiche o che si rimanga abbacinati dalla raffinatezza e dalla ricchezza delle opere d’arte contenute nella sua residenza del Vittoriale.

Anche Alfredo Marasti non è rimasto immune al fascino del padre dell’Estetismo italiano e gli ha voluto dedicare un concept album, intitolato Ultimo D’Annunzio. Il quinto disco del cantautore toscano è uscito Il 25 maggio 2022 per l’etichetta La Stanza Nascosta Records. Docente, regista e scrittore oltre che musicista, Marasti – una carriera contrassegnata da importanti riconoscimenti, quali il Premio “Fabrizio De André” come miglior interprete e la vittoria alla 14ma edizione di Musicultura nella sezione “Miglior testo” con Canzone per Mario, dedicata allo scomparso Mario Monicelli - ha voluto realizzare un excursus musicale e poetico in nove tracce per dare vita ad uno sfaccettato e articolato ritratto dello scrittore. Non si tratta, dunque, di una raffigurazione sintetica, bensì di un susseguirsi di scene in forma di canzone, alcune delle quali corrispondono ad una stanza del Vittoriale, in un’ideale visita negli ambienti della dimora, con riferimenti incrociati tra un brano e l’altro. Ognuna delle sale allegoriche ci restituisce un differente aspetto di D’Annunzio, che va a costituire il mosaico della sua variegata personalità, in un certo senso epitome delle grandi contraddizioni del primo Novecento: spirito libertario e culto della personalità, romanticismo e compulsione sessuale, venerazione della bellezza, eroismo e devastazione della guerra.

L’atmosfera dei brani è diversa come le stanze che l’ascoltatore esplora con la fantasia e l’immaginazione: dall’ariosa Stanza della musica si passa a quella della Leda, intrigante e sensuale, poi a quella del Mappamondo, trionfo del superomismo, fino alla tenebrosa Stanza delle Reliquie, mentre si rievocano vicende dense di energia e vitalismo come quella di Fiume! e si attraversano momenti di ripiegamento interiore fino ad arrivare alle amare e consapevoli considerazioni finali dell’“ultimo D’Annunzio” alla fine del percorso. Sotto il profilo musicale, sonorità pop, folk ed elettroniche rivestono, come un patchwork di tessuti preziosi, le varie canzoni: la cifra stilistica è quella dell’eclettismo, lo stesso eclettismo che caratterizza sia il ricchissimo arredamento della dimora sul Garda che il suo proprietario. L’ascolto si apre con un Appello al visitatore, che provocatoriamente ha inizio con una registrazione d’epoca in cui il poeta viene definito amico e “fedele gregario” del Duce. Provocatoriamente, appunto, perché questo aspetto si presta a più letture, tra le quali quella che il regime fascista si sia “servito” del poeta per dare lustro alle proprie posizioni. Questa idea sottende diversi brani ed emerge nella già citata Stanza del Mappamondo: E a te, compagno, che m'hai ricopiato il gesto, le canzoni e i motti urlati dal balcone/ lascio quelle parole che non posso dire /ai cretini che ti porti in processione”. Nella stessa traccia, il Vate si scaglia contro il “collega” Giovanni Pascoli: “Caro Pascoli, insegnami pure/ che l'arte non caccia e non monta a cavallo /Ma sai che galoppando sui versi ti lascio indietro”. Qui il D’Annunzio- superuomo si erge come un semidio, al di là del bene e del male: “Contro la paralisi bigotta e prudente, ricordati sempre di osare”.

In diverse tracce emerge il punto di vista femminile, mostrando tutta la complessità e la contraddittorietà della relazione dello scrittore con l’universo muliebre. Nella Stanza della Musica è Luisa Baccara, talentuosa pianista che fu compagna del poeta proprio al tempo dell’impresa di Fiume, a far sentire la propria voce. Esclusa dal suo talamo, ma ancora ospite della casa, ella rievoca con struggimento e malinconia l’epoca in cui era la favorita. E’ poi nella Stanza di Leda, la camera da letto principale di D’Annunzio, che risuonano i nomi delle donne da lui amate, alle quali talvolta attribuiva appellativi di fantasia: “Barbara, Cinerina, Corè, Ester, Fiammetta, Melitta, Nerissa, Ninetta, Leila, Elena Sangro, Donatella, Jouvence, Aélis…” L’io narrante, Aélis Mazoyer, “dirige il traffico” delle concubine, rivolgendosi ad un’ipotetica nuova amante e dispensandole consigli: “Lascia che lui ti guidi, lui sceglierà il tuo nome e cosa indosserai… Dovrai eseguire i suoi ordini, essere la sua schiava se ti piacerà…” Anche la divina Eleonora Duse non rinuncia a esprimersi, rivolgendosi allo scrittore Da dietro il velo: “dicono che hai trattato la mia vita come un copione da teatro, con la tua folta schiera di suggeritori”, ed anche nelle sue parole emerge il rimpianto dei giorni felici trascorsi accanto all’amato, ormai anziano e preso “dal lavoro pazzo dentro l’Officina”. Quest’ultima era la sala dove Gabriele soleva scrivere, e qui si trovava il calco in gesso del volto di Eleonora, nascosto da un velo, appunto, affinché la sua bellezza non lo distraesse dalla composizione poetica.

Le ultime due tracce sono una sorta di lunga confessione fatta di pensieri che sono insieme tetri, lucidi e profetici. Il poeta sente che le forze lo stanno abbandonando e che la vecchiaia avanza; si rinchiude nel silenzio della clausura, ma non rinuncia a lanciare sguardi disincantati verso il mondo esterno e a stigmatizzare il “nuovo che avanza”, pregno di decadenza e involuzione: “… anche avvolto nel sudario/ mi sento più vivo di voi/E vedo, ben più di un ciclope/e vedo, anche se non ho le prove/lo Stato che legifera sull'odio/poi sull'arte, sull'intenzione…” Nella conclusiva Notturno, una ballata quasi deandreaiana, la voce dell’ “ultimo D’Annunzio” assume così toni simili a quelli di Pasolini, quando quest’ultimo denigrava la società del suo tempo: le tendenze in atto conducono all’omologazione e ad appiattire ogni slancio. Il Novecento, il “secolo breve”, è passato, è “sfrecciato via” e la figura del Vate, lontana dal mito del “dannunzianesimo”, offre all’ascoltatore l’occasione per riflettere, cent’anni dopo, su ciò che è stato, invitandolo ad un confronto con la realtà attuale. Ultimo D’Annunzio non vuole essere un disco “politico”, ma nel rievocare la figura complessa e multiforme del prolifico scrittore ci consente di compiere un viaggio a ritroso, per lo spazio di un ascolto, nel poliedrico universo dannunziano e nella sua epoca storica, per poi riemergere più consapevoli e con una maggiore comprensione del nostro presente.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Alfredo Marasti, Salvatore Papotto
  • Anno: 2022
  • Etichetta: La Stanza Nascosta Records

Elenco delle tracce

01. Al visitatore
02. La Stanza della Musica
03. Fiume!
04. La Stanza della Leda
05. Il dono
06. Sala del Mappamondo
07. Da dietro il Velo
08. Sala delle Reliquie
09. Notturno

Brani migliori

  1. La Stanza della Musica
  2. Sala del Mappamondo
  3. Notturno