Campi
L'immagine evocata dal titolo racconta già molto di questo album, due altalene che dondolano ritmicamente, quasi ad inseguirsi o a rincorrersi e sopra due vite che fanno lo stesso, raccontandosi.
È l'emozione il filo conduttore di questi dieci brani che il giovane cantautore bolognese Andrea Campi (ma basta il cognome) ha inciso per il suo disco d'esordio uscita da più di un anno, ma fresco ed attuale, oltre che dannatamente sincero. Un esordio che ci è caro qui sull'Isola della Musica Italiana, dove l'apprezzamento è stato ampio e ha portato Campi alla finale del concorso ‘L'Artista che non c'era’, nella sua 20ª edizione.
Si inizia con un brindisi ed una promessa, alziamo i bicchieri e giuriamo a noi stessi di non morire, perlomeno dentro, di restare così, in un momento di felicità. Un ritmo funky invece ci porta in una Bologna “sospesa”, che non è solo città o casa, ma è libro da scrivere, è una lei da aspettare, è la paura che qualcosa di importante ci scivoli via. Subito dopo, probabilmente non a caso, è il momento di dirsi tutto, di aprirsi e confidare i nostri timori, con una batteria sincopata che accelera il battito del nostro cuore. La title track chiarisce meglio l'immagine iniziale, forse questo ballo è un sogno o peggio ancora un'illusione, ma nel dondolio resta comunque la voglia di avvicinarsi a lei, in questo spazio immenso che ci spaventa.
A fare da contraltare positivo a certi pensieri, serve sicuramente la leggerezza ed una lei che la incarni, come una stagione tiepida, come una pioggia estiva, come una mattinata di pigrizia. Nemmeno il tempo di accorgersene, che l'album arriva a conclusione e resta il tempo di un caffè, per un nuovo momento di sincera ed intima verità, a quattrocchi, senza filtri. Alla fine, ciò che rimane è una sensazione di saliscendi, come il brano che chiude l'album, come l'invito a tenersi stretti, 'uno all'altra’ negli alti e bassi della vita.
Un disco che fa della leggerezza la cifra stilistica, da usare però con la dovuta cautela e con una rispettosa attenzione alle parole, un “mondo” che Campi frequenta ed approfondisce da tempo, senza timore di guardare di lato rispetto al vocabolario tradizionale. Infatti la sua tesi di laurea, dedicata all'onomatopea come forma di comunicazione, è diventata un libro ‘Da Tapum a skrt – L'onomatopea nella canzone italiana’, pubblicato l'anno scorso da Arcana, dove si esplora l'utilizzo di questa figura retorica nella canzone italiana, analizzando il suo ruolo di unione tra periodi e generi diversi, in un lasso di tempo che parte quasi un secolo fa e che sottolinea una volta di più il ruolo sociologico delle canzoni.
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01. Non moriremo mai
02. Bologna sospesa
03. Una ragione vera
04. A tempo con il mondo
05. Un ballo di altalene
06. Interlude: Altalene
07. Leggera
08. Beviamo un caffè
09. Ragazza della Metro
10. Saliscendi