Colapesce
C’era una volta Colapesce, che, nelle parole di Otello Profazio, nuotava come se fosse «figghiu di Nettunnu» e si sacrificava per sorreggere le colonne subacquee della Sicilia, forse difendendola anche dal fuoco sotterraneo dell’Etna. Nella versione moderna di Angelo Orlando Meloni, il Nostro, pigro bagnante e grande sognatore, diventa prodigioso nuotatore e scopritore di tesori per la corte, ma, stanco della burocrazia e di «lunedì tremendi» in cui «il senso della vita fa presto a scemare», nonché disgustato da vuoti festini, si fa inghiottire da un vortice d’acqua e si inabissa per sempre nell’agognato «palazzo di cristallo», abitato da una «sontuosa sirena».
Come questo eroe/anti-eroe, anche Lorenzo Urciullo, già leader degli Albanopower e al fianco di Alessandro Raina nel progetto Santiago, in questa nuova fase musicale dischiusa dal moniker Colapesce si chiude in un nido in cui «l’amore è anche fatto di niente» (Restiamo in casa); ripara in una «spiagga semideserta» in cui perdersi nella più naturale comunione dei sensi e nel «buio in cui si può navigare» come «un satellite bianco» (Satellite). Ancora Colapesce cerca «atlantide per un caffè», per sparare «commosso» all’«abitudine» (Le foglie appese), scruta le «pieghe del cuscino», per cogliere la stanchezza di anni di cortei purtroppo vani (La zona rossa), oppure racconta l’ansia di fuga da un microcosmo di scontri, «festini porno e ruggine» che «corrodono palazzi interi» (Un giorno di festa, che nelle strofe si avvita attorno ad un basso quasi radioheadiano, mentre l’aria trema di organo triste e solenne e di distorsioni dolorose).
È un quotidiano trasfigurato in un’aura di sogno, surreale e pervaso di una dolcezza estatica, quello di Colapesce; l’incantesimo delle piccole cose, assaporate con meno ironia e più candido gusto fantastico e languido entusiasmo rispetto ai brani di Dente, trasforma la realtà in altri mondi bellissimi: così se l’amata canta, ecco «in quest’auto il concerto / più bello del mondo», mentre, imperlata di sudore, è un piccolo vulcano che estenua la resistenza dei sensi (Oasi) e un film «da guardare con lo stupore / e quella magia che ti contraddistingue» conduce in un altrove «lontanissimo da voi» (Sottotitoli con la voce elfica di Sara Mazo, ex Scisma).
Rispetto ai brani dei siracusani Albanopower (presenti in due al fianco di Urciullo con Cantone dei Tellaro), in questo disco c’è meno elettronica kraut-rock, poco synth-pop, meno cadenze ballabili, quasi zero noise: i nuovi brani di Lorenzo & company si pongono sulla scia di brani come Merry Christmas Darling. Sono ballate di suoni essenziali, che brillano lente, scandite da struggenti ritmi elettronici o analogici, tramate di chitarre lievi, discrete ed emozionali, tra tappeti acustici e riff elettrici bagnati di lacrime stanche, desideri e amarezza sotterranea. E trapuntate di archi nostalgici, da tremuli, dolci tocchi malinconici di organo e synths, o note calde e cocenti di piano, come in Quando tutto diventò blu: in questo pezzo l’inquieto Colapesce moderno è insieme un «nuovo Astolfo», che cerca i suoi sogni sulla luna per «dare un senno» al suo «destino». «Hai studiato per chi ti darà / la quota per restare a galla. / In questo mare / nuoti e piangi», e intanto arrivano I Barbari, tronfi abitatori di ricchezze superflue, che si «vantano di conquiste mai avvenute» e «votano la libertà».
Lo stile vocale asciutto è battistiano, Il mattino dei morti viventi apre delicati ed intensi squarci quasi psichedelici e il minimalismo acustico di La distruzione di un amore fa venire in mente, tra gli italiani, Marco Parente: questa traccia si affida ad un cantato lento, che, mentre gli archi e i fiati mansueti ed eleganti, arrangiati da Roy Paci, cantano a voce bassa le fitte intime del dolore, espone piano le ferite di una condizione subita, innaturale e feroce. Le melodie vocali rammentano quelle degli Amor Fou, ma nell’incanto triste del meraviglioso declino non c’è niente di intellettualistico.
Questo cantautorato di sfumature, arpeggi rubati al folk americano e lirismo semplice, senza tempo e modernamente dream-pop (seppure meno eclettico e sperimentale della musica degli Albanopower) non è per tutti: qualcuno potrebbe sbadigliare, ma se è il vostro genere, scoprirete un inestimabile tesoro di intimismo, sconfitte e paradisi domestici, di suoni soffusi, eppure palpitanti. E lo custodirete a lungo.
http://www.facebook.com/pages/colapesce/101101469934798
01. Restiamo in casa
02. Satellite
03. La zona rossa
04. Un giorno di festa
05. Oasi
06. Le foglie appese
07. Quanto tutto diventò blu
08. I Barbari
09. La distruzione di un amore
10. Sottotitoli
11. S’illumina
12. Il mattino dei morti viventi
13. Bogotà
Lorenzo Urciullo: voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, synth, organo, cori Giuseppe Sindona: basso Toti Valente: batteria, percussioni Francesco Cantone: chitarre, piano Alessandro Raina: voce in 08 Sara Mazo: voce in 10 Roy Paci: arrangiamento archi e ottoni in 07, 08 e 09 Andrea Suriani (My Awesome Mixtape): tastiere Lucia Manca: cori Grazia Negro: cori