Emanuele Bocci
Una voce leggera e delicata che con sottile ironia e sguardo disincantato osserva il nostro mondo, e ne riporta in musica le molte contraddizioni. Questo è Un po’ gabbiano, disco di esordio di Emanuele Bocci, a metà tra la canzone e il teatro.
Un album che a sfogliarlo brano dopo brano sembra essere un’antologia di brevi racconti, piccole storie dotate ognuna di autonomia che solo riavvicinando assieme mostrano il senso unitario dello sguardo con cui il cantautore vigila sul mondo.
Sguardo critico che sa usare al meglio immagini di scherno per toccare tematiche realmente difficili da affrontare con un sorriso, prima di tutto quelle ambientaliste, di cui il disco è intriso.
Da ascoltare con attenzione c’è sicuramente Senza vedere, nona traccia dell’album, in cui l’ironia lascia il posto alla durezza del racconto di chi abbandona la propria casa e attraversa il mare, su barche di fortuna in cerca di una vita nuova, con al timone quelli che Bocci giustamente definisce «mercanti di persone»; la stessa melodia pare portare con sé echi di terre mediterranee non troppo lontane dalle nostre coste. Divertono per freschezza e verità i brani più “leggeri” come il primo singolo Non ci sono più parcheggi e Al polo nord e lasciano quel giusto amaro in bocca tracce come Dove era il bosco e Gli sfollati.
Un gusto retrò, un bel po’ di swing, la chitarra classica per le ballate alla Georges Brassens e infine i suoni del contrabbasso e del sax costruiscono il filo musicale che lega tutti i brani dell’album, e che dà il senso finale di un’unica narrazione, unitaria e completa, in cui personaggi reali e immaginari si susseguono lungo un’ipotetica strada. Personaggi di una società insensata e alla deriva, che ha perso la ragione, il senso della misura, e in cui l’uomo sembra obbligato a restare un gabbiano che «con due ali così grandi potrei far di tutto, ma vivo alla discarica, tranne alla domenica», ridotto ad essere solo una caricatura di sé stesso, potenzialmente libero ma realmente “fatto dallo smog”.
Bocci diverte e fa pensare con questo suo primo album, e solitamente quando sorriso e riflessione convivono così bene si è davanti ad un buon disco. Regola semplice ma efficace, confermata anche stavolta.
01. Non ci sono più parcheggi
02. Sono un automa
03. Che pacchia!
04. Dove era il bosco
05. Nunca mais
06. L’avvistamento
07. Al polo nord
08. Gli sfollati
09. Senza vedere
10. Un po’ gabbiano
11. Il musicista
12. Non ci sono più parcheggi (con Paolino Ruffini)
Emanuele Bocci: voce, pianoforte, fisarmonica, chitarra acustica, chitarra classica, percussioni, vocal drum-set Emanuele Cannatella: sax tenore, sax soprano, cori Cristiano Bocci: contrabbasso Riccardo Cavalieri: violino, viola, fischio, batteria, programmazioni Paolo Acquaviva: trombone, bombardino