Ottavo Richter
Se è vero che il jazz è nato, per così dire, “dalla strada”, è anche giusto che almeno ogni tanto se ne riappropri, e siccome le strade sono diverse in ogni paese, è altrettanto ovvio che un gruppo italiano come gli Ottavo Richter, dopo essersi costruito una solida reputazione, approfondisca la propria via cercando continuamente la propria, di strada.
In questo caso, con Una bella serata, il percorso è davvero variopinto, una sorta di continuo avventurarsi fra le montagne russe: qualche eco di jazz più tradizionale, una decisa connotazione swingante, diverse variazioni, per così dire, “balcaniche”… insomma, il combo milanese non si risparmia certo nel ricercare la varietà nei propri brani, e se avanza posto, perché no, una punta di ska, un pizzico di ritmi latini e qualche sortita funkeggiante ci possono proprio stare.
“Surfare” in questo modo fra onde così frastagliate ed irregolari causa, quasi necessariamente, l’interesse dei media, ed allora il sestetto, oltre ad una intensa attività live ed alla partecipazione a numerosissime manifestazioni sia jazzistiche che di stampo blues si inventa, all’occasione come realizzatore di sigle radiofoniche (loro è il brano Roba di Mamone che apriva e chiudeva la trasmissione radiofonica di Radio Popolare La banda sul tetto), oppure “incursore” in trasmissioni televisive (Parla con me, Caterpillar, TG3 Linea Notte), quasi a certificare che una buona colonna sonora contribuisce indubbiamente alla qualità di un evento o al successo di una produzione.
Quattordici tracce, di cui dodici originali, una cover, Parlami d’amore Mariù ed un brano, Oculista innamorato, scritto e cantato da un insospettabile (in questa veste artistica), Antonio Di Bella, dopodichè Luciano Macchia, Raffaele Kohler e Domenico Mamone ai fiati, Alessandro Sicardi alle chitarre, ed i fratelli Marco e Paolo Xeres alla ritmica, si suddividono equamente la realizzazione dei brani, realizzando quello che si può definire un vero e proprio lavoro di gruppo.
A Nadia Braito, Gianluigi Carlone e Rupert Sciamenna viene lasciato il compito di interpretare i passaggi vocali
Il risultato, evidente, è che pur nella sua policromia sonora l’album scorre davvero come un continuum coerente e per nulla dispersivo; si vanno a toccare, di volta in volta, le corde del ritmo, quelle della melodia, si accelera o si rallenta ma, parafrasando un noto cantante, “gentilmente, senza strappi al motore”, ed è divertente ascoltare attentamente cosa propongono i singoli strumenti, sempre impegnati in modo molto egualitario a fornire, ognuno, il proprio tassello per la costruzione dei brani.
Nessuno “accompagna” nessuno, ma si procede in parallelo, ed il risultato è che ogni singolo pezzo ha una struttura in sé complessa che viene però proposta con semplicità, leggerezza, quasi nonchalance, così che l’ascoltatore, anche il più distratto, non può non soffermarsi per lo meno su qualche passaggio, perché di “richiami” ne vengono proposti parecchi. Da non utilizzare come “sottofondo”, per carità… sarebbe davvero un grosso spreco…
01. Bradipo missile
02. Richter samba
03. Soufflè dasè
04. Dancin’ flab
05. Rum
06. Little bird
07. Noise
08. Complotto a Varsavia
09. Venere
10. Zerozerottavo
11. Una bella serata
12. Maialino latino
13. Oculista innamorato
14. Parlami d’amore Mariù
Luciano Macchia: trombone, euphonium - Raffaele Kohler: trumpet, flugelhorn - Domenico Mamone: baritone sax, flute - Alessandro Sicardi: acoustic, electric guitars, voice, whistle - Marco Xeres: electric bass - Paolo Xeres: drums, percussion, cimbalom - Nadia Braito: vocals - Antonio Di Bella: vocals - Gianluigi Carlone: vocals - Rupert Sciamenna: vocals