Zorama
Già dalla durata del disco, si capisce che in Virus in fabula c’è parecchia “carne” a cuocere. Difatti, il quarto album del cantautore porticese Zorama (al secolo Mariano Rongo Zora) non tradisce le aspettative mettendo a segno dodici tracce con un tiro molto alto, fortemente rock, in bilico tra progressive e psichedelia. C’è da aggiungere una considerazione importante: Zorama non scimmiotta né fa finta di essere un rocker, ma lo è nell’essenza, nel pensiero, nell’anima e dunque nell’espressione della sua musica. Le canzoni sono microcosmi intrisi di poetica suburbana ma allo stesso tempo di uno slancio vitale che le eleva consentendone interpretazioni multiple, non riconducibili al solo significato letterale ma a qualcosa che va oltre creando così un mondo allegorico ricco e sfaccettato, affascinante e intrigante, originale e personale. Difficile, oggi come oggi, trovare artisti che sappiano foggiare parole piene di rimandi, stratificate nel modo giusto, che vanno perfettamente a incastonarsi nella musica. Non è un caso se il talento del nostro – un po’ noir, un po’ alieno – è stato fiutato dalla Signora Anna Maria Mazzini, alias Mina, che ha inciso un suo brano, Il tuo arredamento, lanciandolo come secondo singolo del recente album Maeba.
Tornando all’universo di Zorama, non si può restare indifferenti all’ascolto di pezzi come La fiera dei fieri e Munch, dove quel grido finale è un pugno nello stomaco che scuote e devasta, ma rende consapevoli che tutti – ma proprio tutti – siamo “in balia di un dolore feroce e atroce”. Un sentimento che pervade l’intero album, serpeggia di momento in momento, da Spari e altari a E quando troverò l’iperuranio…, dalla title track Virus in fabula alla conclusiva Dal sottobosco delle inquietudini. Un disco da suonare, che sarebbe bello ascoltare dal vivo per perdersi, ma sì anche per stordirsi, nelle introduzioni, negli intermezzi o nei finali duri e distorti, per gustare appieno la vocalità potente e versatile di Zorama, ma soprattutto per vivere e condividere l’esperienza di “vestirsi di luce e irradiare i declini con aurore boreali” e “per inondare di sole i ponti delle solitudini con anfore di umore”.
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01. La fiera dei fieri
02. Munch
03. Spari e altari
04. Lividi sui pensieri
05. E quando troverò l’iperuranio…
06. L’estensione
07. Io non muoio più (tranne il venerdì)
08. Motel Desolazione
09. Campi di soia (Made in China)
10. Virus in fabula
11. La transumanza
12. Dal sottobosco delle inquietudini
Davide Ferrante: batteria - Corrado Calignano: basso - Andrea Palazzo: chitarre acustiche ed elettriche - Ciro Genno: tastieri, synth, piano, organo, programmazione - Zorama: voce, cori, piano, tastiere, synth, chitarre addizionali, effetti - Carmine Tammaro: organo (9) - Davide Matrisciano: synth (3, 12), effetti e sintetizzatori virtuali (10) - Saughelli: basso (6, 7), cori (6)