Djelem Do Mar
Il disco di esordio di Djelem Do Mar dal titolo Voci Oltre è un lavoro che sicuramente può piacere e coinvolgere chi ama le radici, la terra, ovvero, la musica popolare nel vero senso della parola. Già ad un primo ascolto si può cogliere il grande lavoro di ricerca etno-musicologica che sostiene sia la parte dei brani popolari reinterpretati, sia quella della scrittura originale. Si tratta infatti di un lavoro composto da undici brani, sette originali e quattro tradizionali. Il repertorio viene affrontato in dieci lingue: quelle di casa nostra – italiano, sardo, siciliano e calabrese grecanico (parlato nella provincia di Reggiocalabria) – poi armeno, greco, bulgaro, iraniano, farsi (persiano) e portoghese. Si tratta di un viaggio etno-linguistico che parte dal Mediterraneo per spingersi oltre: si tocca l’Africa, l’Asia, l’America meridionale, per poi tornare in Europa e finire da dove si è partiti, in Italia.
Avendo il lavoro una forte impronta di tipo popolare la presenza delle voci è a dir poco importante, così come il discorso ritmico che vi sta dietro. C’è un lavoro sul testo che va colto e apprezzato per quanto riguarda il suono delle parole, molto più che il loro significato. Essendo per lo più scritto in dialetto o lingua straniera, pochi brani risultano comprensibili. Si tratta di una scelta del tutto coerente e adeguata al progetto, oltre che al discorso musicale in sé che, avendo una matrice ritmica importante poco si adatta alla lingua italiana, così piena di vocali e idonea molto di più a una scrittura di tipo melodico. Pertanto, apprezzare il suono delle parole diventa più importante di comprenderne il significato, almeno come impatto iniziale. I momenti prettamente musicali sono sempre intensi e molto interessanti, sembrano presi da improvvisazioni e danno l’idea dell’immediatezza tipica del genere popolare. Le voci suadenti e seduttive non mancano di dare sempre il giusto colore alle frasi. Molto interessante è la rielaborazione dei canti popolari già esistenti; leggermente meno accattivanti, ma comunque molto gradevoli, i brani originali, i quali sono composti come se fossero veri e propri brani tradizionali, quasi come un esercizio di stile. In generale, la qualità del suono, il ritmo e la melodia prendono il sopravvento sul discorso armonico che, però, in alcuni punti si fa interessante. In alcuni brani, non a caso quelli in italiano, si affrontano alcuni temi sociali come quello della parità di genere e della discriminazione ed emarginazione sociale.
Il lavoro è interessante a livello di ascolto ma anche di vero e proprio “studio” del linguaggio musicale nelle sue origini.
Il progetto è stato ideato nel 2016 da Sara Marini e Fabia Salvucci, cantanti, autrici e ricercatrici che in quest’avventura si sono fatte affiancare da moltissimi altri artisti, musicisti, autori (Lorenzo Cannelli, Paolo Ceccarelli, Franz Piombino, Michele Fondacci, Pietro Cernuto, Riccardo Tordoni, Theodoro Melissinopoulos, la produzione è firmata Stefano Saletti). Un lavoro quasi collettivo, che si propone come un percorso musicale dalle radici antiche ma dal suono contemporaneo.
01. Khorodig Morodig
02. A babbu mannu
03. I Zoì Pali
04. Dilmano Dilbero
05. Gole Gandom
06. Se guardi qui
07. Ena Dio Tria
08. Ey Gome
09. La vita oltre
10. Negrume Da Noite
11. L’amuri Di Na Matri