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Synusonde

Yug

Cade un occhio sulla strumentazione dei Synusonde e le ipotesi si affacciano quasi da sole: un ritorno del “krautrock” tedesco degli anni ’70, magari rivisto e corretto oppure, chissà, l’evoluzione di un certo sperimentalismo italiano, sempre di quel periodo, gli Area, i Maad, o chissà cos’altro…

In realtà, già delle prime note, si intuisce che, si, queste influenze forse ci sono, ma non solo; intanto c’è un uso interessante dell’elettronica, pochi loop melodici, solo la ritmica campionata ma neppure troppo “sintetica”, e poi lo sviluppo dei brani, che non scivolano, per intendersi, in sequenze “dance” alla Chemical Brothers, ma si sviluppano in modo anomalo.

Sequenze strumentali molto “visive”, assolutamente adatte a commentare dei video, come ad esempio Motetus o la successiva Allsaintz, brani che, più che “oscuri”, si potrebbero definire, specie il secondo, onirici, o forse meglio inquietanti, drammatici, che trasmettono un vago senso di oppressione.

Non manca una certa consonanza con la musica classica: Mahler, ad esempio, è un interessante crossover fra il pianoforte classico e la drum machine, impostata su una sequenza ritmica soffusa, quasi “pulsante”… ne viene fuori un brano oscuro, misterioso, dall’effetto straniante, eppure accattivante.

C’è molta ricerca, dunque, una attenta scelta dei suoni, una deframmentazione delle melodie che vengono ricomposte ma non sempre ricompattate, ed è per questo che per lunghi tratti non ci sono sequenze ripetute, ma “blocchi” musicali come “agganciati” fra loro; DoD, ad esempio, così come Luv, iniziano, appunto con una certa ripetitività, poi si spezzettano ed iniziano a percorrere strade parallele ma differenti.

Difficile trovare una definizione precisa per una musica di questo genere: verrebbe da utilizzare un anglicismo che, soprattutto da un punto di vista onomatopeico, riesce a darne un’idea abbastanza precisa, ovvero “fracture”; Yug è, comunque, un album visionario, onirico, da assorbire molto lentamente perché distante, molto distante, dalle produzioni rock, pop, anche indie alle quali siamo abituati.

E come tutti i lavori, genericamente definiti sperimentali, è una release assai personale, che non va tanto a cercare il consenso dell’ascoltatore, ma ne richiede l’attenzione, che non offre moltissimi punti di riferimento ma obbliga, quasi, ad una continua ricerca.

Affascinante, certo, ma da maneggiare con cura.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Paolo F. Bragaglia
  • Anno: 2011
  • Durata: 51:46
  • Etichetta: MH Records

Elenco delle tracce

01. Motetus

02. Allsaintz

03. Yug

04. Mahler

05. DoD

06. Locust

07. Cannon

08. Luv

09. Shadowline

10. Motetus II

11. Lontano

12. Cannon reworked

Brani migliori

  1. Motetus
  2. Mahler
  3. Locust

Musicisti

Paolo F. Bragaglia: electronics, guitar, piano Matteo Ramon Arevalos: piano, prepared piano Bruno Perrault: ondes martenot