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Echos Vocal

Dopo due puntate in Sicilia, anche la Sardegna entra nel tour di «Cantare la voce». Lo fa attraverso una formazione, gli Echos Vocal, che è riuscita non solo ad accumulare esperienza concertistica (con due vittorie al festival Solevoci di Varese), ma anche a diventare un polo di attrazione musicale a Cagliari. Parliamo con il gruppo infatti dopo la presenza nell'isola di Gary Graden, una delle massime autorità internazionali della musica a cappella.

Vivere la musica a cappella nella vostra isola è diverso rispetto ad altrove? Considerando che è comunque è un genere di nicchia, avete avuto più difficoltà o vantaggi nel farvi conoscere?

In Sardegna esiste una forte sensibilità verso la musica vocale, che coivolge sia il repertorio tradizionale in limba, sia la polifonia sacra e profana. I gruppi vocali come il nostro però non sono tanti, elemento che ha suscitato una forte curiosità e un’accoglienza molto favorevole da parte di un pubblico sorprendentemente eterogeneo. L’interesse per la nostra musica è via via cresciuto dal 2008, anno in cui il gruppo si è formato, fino ad oggi, grazie anche alla partecipazione a importanti festival quali Concordia Vocis, a recenti passaggi televisivi e radiofonici per emittenti locali come Videolina, TCS e Radio Internazionale, a recensioni e articoli su importanti quotidiani sardi come L’Unione Sarda e il Corriere del Medio Campidano

Nel vostro repertorio ci sono anche brani originali, pensate di ampliare questa caratteristica?

Attualmente abbiamo tre brani inediti, scritti da Manuel Cossu, baritono del gruppo. Uno di questi, Le cose che aspetto, ha permesso al gruppo di vincere il concorso musicale Una voce in più, svoltosi a Sassari lo scorso nvembre. Il brano è stato programmato per i due mesi seguenti sulle frequenze di Radio Internazionale, e sarà parte del primo cd degli Echos Vocal Ensemble, di prossima uscita. Scrivere musica originale - aggiunge lo stesso Cossu - per questo ensemble e sentirla realizzata dall’insieme delle nostre voci è un’esperienza molto stimolante, che certamente rappresenta un valore aggiunto all’interno del nostro spettacolo. Il pubblico, poi, sembra gradire, e questo ci incoraggia a proseguire su questo percorso.  

Il repertorio generalmente come lo scegliete?

Inizialmente pensavamo ai brani esclusivamente in base ai gusti di ciascuno. Questo conferiva al repertorio una certa varietà, a scapito però di uno stile più coerente. Oggi cerchiamo di puntare di più sugli arrangiamenti originali, editi o inediti, e soprattutto su uno spettacolo organicamente più strutturato, che non sia solamente un “collage” di canzoni, ma una sorta di racconto in musica in cui ogni brano sia legato da un filo conduttore. Ovviamente, senza dimenticare la varietà e la leggerezza, elementi imprescindibili per l’equilibrio di un’esibizione. 

Solevoci è stata una manifestazione dove avete riportato due vittorie. Se si può parlare di segreto, qual è stato?

Non ci aspettavamo di ottenere questi riconoscimenti, tanto più che, soprattutto la prima volta, ci sentivamo un po’ fuori contesto, troppo “polifonici” e poco “pop”. Entrambe le volte siamo stati piacevolmente smentiti, e l’esperienza ci ha galvanizzati. I brani premiati, ovvero Bohemian Rhapsody Brava, valorizzano le nostre caratteristiche. Il primo, pur essendo un brano pop/rock, ha un arrangiamento molto polifonico, territorio nel quale ci sentiamo abbastanza a nostro agio, considerando che diversi di noi provengono dal coro del Centro universitario musicale di Cagliari. Il brano di Mina mette invece in luce una certa propensione dell’ensemble per le atmosfere swing e la “giocoleria vocale”. Entrambi gli arrangiamenti sono stati appositamente scritti da Anibal Cano, un talentuoso compositore paraguayano nostro amico. 

Esiste una tradizione vocale sarda, tipicamente maschile, che ha attratto anche personaggi del calibro di Peter Gabriel. La sentite in parte come fonte di ispirazione?

Essendo tutti sardi, di nascita o di adozione (il basso, nonché nostro direttore, è di Asunciòn, Paraguay), certamente siamo imbevuti di una certa tradizione che fa capo al canto cosiddetto “a tenore”, anche se in effetti le nostre influenze musicali sono da ricercare principalmente in formazioni come i King’s Singers, gli Swingle Singers o i Madrigal Singers.

Avete coinvolto per una masterclass Gary Graden, uno dei più importanti direttori di coro della scena internazionale. Potete fare un bilancio di questo appuntamento?

Gary Graden è un uomo di straordinaria competenza, simpatia e capacità comunicativa. La sua energia ci ha permesso, in poche ore di lavoro, di migliorare sensibilmente alcuni aspetti cruciali del nostro metodo di lavoro. Siamo onorati di aver ricevuto consigli e sinceri apprezzamenti da una persona del suo calibro. Un’esperienza da ripetere, senz’altro.

 

Soprani: Alice Madeddu - Tiziana Pani

Contralti: Eva Pagella - Marta Melis

Tenori: Manolo Pisano - Gabriele Broccia

Bassi: Manuel Cossu - Rodrigo Rojas

 

 

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