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L’estate sta finendo (oh yeah!)

Approdando alla stagione delle foglie morte, un po’ di uscite jazzistiche ancora intrise di brio estivo

 

L’estate sta finendo, già, o magari lo sarà già, come limite ufficiale, quando leggerete queste righe. Che appunto a un bel po’ di cd usciti in estate (diciamo da inizio giugno a fine agosto) sono dedicate. Partendo come sempre dal ‘basso’, dagli organici più ridotti, e quindi in questo caso dal duo, per l’esattezza quello formato dal vibrafonista bergamasco Sergio Armaroli e dal percussionista inglese Roger Turner, che in Dance Steps (Leo) intavolano un dialogo morbido ma a tratti nervoso meritevole di un ascolto attento e convinto. Un altro duo con un percussionista, Fabrizio Carriero, abbinato stavolta a una voce, Beatrice Arrigoni, firma Nel canto presente (Honolulu Records), otto brani tutti originali (testi in italiano) in un contesto, uno spirito, più contemporaneo che jazzistico (per quanto valgano ancora queste categorie), di temperatura anche qui calibrata, pur sempre con periodiche impennate (anche in senso – diremmo – teatrale, drammaturgico) a irrobustirne le dinamiche.

Un uso della voce più in linea con abitudini di ascolto jazzistiche caratterizza Memorie future (Parco della Musica), ultimo lavoro del glorioso bassista romano Paolo Damiani (foto in alto), in quintetto con Diana Torto appunto alla voce, e poi Falzone, Tittarelli e Paternesi. In realtà ben più ampi sono i risvolti del disco, notevole e certamente originale, sia nella scrittura, opera di tutti (Paternesi escluso), che nella resa esecutiva, felicemente coese.

La tromba di Giovanni Falzone torna in coppia col pianoforte di Glauco Venier, sempre per il Parco della Musica, in Dialogo espressivo, altro cd di assoluto valore capace di eludere felicemente le potenziali insidie di un dialogo a due così cristallizzato, timbricamente caratterizzato. La bellezza del suono di entrambi, persino i loro contrasti (più espansivo Falzone, più elusivo Venier), costituiscono in tal senso una garanzia. Un altro duo pianistico (qui Emanuele Sartoris), stavolta accanto a un bandoneon, quello magico di Daniele Di Bonaventura, ci accoglie in Notturni (Caligola), al cui centro sta una rivisitazione delle atmosfere pianistiche di Chopin, che il duo, ascoltato anche di recente a Ivrea (foto sotto), affronta con assoluta convinzione e rigore.

Un duo a mantice, ben più viscerale, è pure quello che in Santuario (Dodicilune) affianca la fisarmonica di Vince Abbracciante e i sassofoni (soprano e baritono), nonché il flauto andino, di Javier Girotto, entrambi maestri di intensità, a volte persino di sovrabbondanza, che qui generano peraltro una chimica felice, viva, corporea, quanto godibile, attraverso pagine di entrambi fortemente intrise di umori popolari, il che vale anche per il campano Carmine Ioanna, altro esponente piuttosto muscolare della fisarmonica, che in Ioanna Music Company (Abeat) dirige un quartetto (più ospiti, fra cui Francesco Bearzatti) decisamente agguerrito, magari con qualche eccesso di misura, ma anche tanta corroborante carica vitale.

 

Il diavolo e l’acquasanta, è il caso di dirlo, passando a Freedom (autoprodotto), in cui lo 08trio, piano basso e batteria, omaggia il grande contrabbassista Charlie Haden, rileggendo nove pagine fra le sue più note, per chiudere con un original. Disco molto elegante, calibrato (persino un po’ ritroso, qua e là), del tutto in linea con la poetica del dedicatario. Ad aprirlo è quel For Turiya che Haden inserì nel ’76 nel bellissimo album di duetti Closeness, appunto in un tête-à-tête con la dedicataria del brano, Alice Coltrane. Curiosamente lo stesso brano compare anche in un album per più versi antitetico come The Crossing (Niafunken) del vigoroso sopranista sardo Enzo Favata, in quartetto con vibrafono (Pasquale Mirra), basso (Rosa Brunello) e batteria. Disco pieno di colori ed energia, che si fa ascoltare con sicuro piacere.

Un altro quartetto segnato dalle timbriche del vibrafono firma TSQ (cioè Third Stream Quartet) di Sonata Islands, storico gruppo qui in formazione decisamente ridotta rispetto al solito. Diversi peraltro, rispetto a Favata, lo strumento-guida, come sempre il flauto di Emilio Galante, e il tono, decisamente classicheggiante, peraltro abbastanza lontano dall’usuale taglio contemporaneo. Una fase di passaggio?  

Spiccatamente sperimentale, pur senza eccessi, è al contrario N-est (FSR) del notevole trio formato da Marco Colonna, clarinetti, sax alto, flauto, Dario Miranda, contrabbasso, e Fabrizio Spera, batteria. Climi variegati, dalla foga dell’iniziale Zamia alla pensosità del successivo Aspen, tanto per fare due soli esempi (undici i brani totali). Disco esemplare, quindi, come pure, su terreni neanche troppo lontani, WE3 S/T (Aut) di un altro trio, speculare, con Francesco Chiapperini, ance e synth, Luca Pissavini, violone (parente stretto del contrabbasso), e Stefano Grasso, batteria ed elettronica (più ospiti). Anche qui corporeità e fasi più magre si alternano e si sommano, con identica sete di ricerca, di non ovvietà, di rigore formale.

Il quartetto di un altro polistrumentista (in primis baritonista), il siciliano Carlo Cattano, segue direttrici più rettilinee, leggibili, peraltro eludendo a sua volta ogni ovvietà, come ci mostra Lines (Fonterossa), realizzato con tre corregionali (Paolo Sorge, chitarra, Alessandro Nobile, contrabbasso, Antonio Moncada, batteria) come ideali coéquipiers lungo terreni di sicura solidità e coerenza espressiva. Con Antonio Marangolo in veste di leader e senza Paolo Sorge, peraltro presente più oltre alla testa del quartetto Mirroring, Cattano e soci aprono il cd collettivo The Best of Jaci&Jazz 2020 Live (Sajamastra), che come ogni anno dal 2018 documenta le edizioni del festival che si tiene ogni estate ad Acireale. I due gruppi in oggetto sono anche quelli che ci offrono il meglio del programma, più robusto il quartetto di Marangolo (che del festival è direttore artistico), più fluido quello di Sorge. Completano il lotto il sestetto dei fratelli Amato e l’Elimi Jazz Quintet, vincitore dell’annuale contest acese.

 

Sempre dalla Sicilia (come origine) proviene il chitarrista, ma soprattutto compositore, Marco Sinopoli (foto sopra), figlio d’arte (suo padre era Giuseppe, notissimo direttore d’orchestra prematuramente scomparso nel 2001), che in Chromatic Landscape (Parco della Musica), in settetto, ci offre un eloquente saggio del suo sapere autoriale, legittimando grandi attese per il prosieguo della sua carriera. Dulcis in fundo, eccoci a chiudere con un altro superbo lavoro, Astragalo I (Fonterossa), opera di un collettivo di dodici elementi (fra cui Luisiana Lorusso, Silvia Bolognesi e Stefano Battaglia) che scindendosi in gruppi svarianti dal quintetto al settetto dà vita a sei ampi brani di umore schiettamente contemporaneo (in senso jazzistico e non) che rivelano un’intelligenza musicale e una coerenza estetica, un senso del rischio (calcolato) e un’eleganza di fondo, una ricerca timbrica e strutturale, assolutamente invidiabili. Due dei dischi più interessanti e stimolanti di questo 2021.

Foto di Fabrizio Sodani (Damiani) e Alberto Bazzurro (duo). 

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