Il mondo
della Musica vive oggi una stagione difficile come mai, in cui tutti i sentieri
e le mansioni, i supporti e le possibilità sono messi a dura prova. Nella
scossa incertezza generale, seduti sulla conca bassa dell’onda lunga in atto,
in questa quarta puntata della nostra rubrica proviamo ad analizzare la
situazione intrecciando le considerazioni di due addette ai lavori che la Musica
la “comunicano e promuovono” come uffici stampa: Monica Malavasi e Monica
Ripamonti.
«A questa
fase siamo arrivati a seguito di quel che sta succedendo nel mondo “reale”, sia
in termini di velocissime trasformazioni e fruizioni tecnologiche che di crisi
economica globale. Quanto durerà è difficile prevederlo, ma certamente contiamo
anche sulla nostra, di velocità, sulla consapevolezza e sulla
modificazione di parte degli approcci professionali». In tempo di vacche magre due sono le strade: abbandonarsi al
disfacimento e battagliarsi per le briciole finché finiscono, oppure pensare
che lo sbriciolarsi abbia la conseguenza positiva di produrre una nuova era –
da cui ricominciare. «Non ho mai vissuto
un periodo così duro e difficile, e più
che economicamente intendo eticamente; le due cose sono legate, seguono una
ciclicità ineluttabile: crescita economica, abbassamento del senso etico e
critico, delirio di onnipotenza, crisi. Il fango aumenta ed esonda come il Nilo
di “elementare” memoria. Ma come tale sarà terreno fertile per i veri talenti,
facendo tabula rasa di meccanismi incancreniti e obsoleti. Bisogna resistere:
alle onde di panico, al cattivo gusto, alla mancanza di buon senso generale». E non è certo il disco, il salvagente
cui aggrapparsi. «E’ facile dare la colpa al supporto o a chi
scarica illegalmente. Ma quel che non si è adeguato è l’intorno, i media e la
discografia che non hanno contribuito ad una crescita culturale, puntando
invece su un marketing “buono per tutto”, creando cloni invece di forgiare
talenti, investendo solo sul “guadagno sicuro”, presumendo il “target”, ma
soprattutto non educando la gente ad amare l’oggetto come è stato per i libri.
Prodotto discografico e concerto sono ancora legati (e se va male l’uno va male
anche l’altro), ma non è più il disco a dare spinta al tour: ora è il cd che è
a corollario del concerto». Perché lì dove una certa industria non
sostiene più, si torna al nocciolo immarcescibile della musica: la dimensione
live. «Quella di cui si parla è crisi
della discografia, non la crisi della musica: non c’è n’è mai stata così tanta
e non è mai stato così facile trovare in un attimo qualsiasi cosa. Non tutto e
tutti stanno andando nel tombino; siamo piuttosto nel mezzo di uno tsunami che
ci costringe a confrontarci con un nuovo modo di pensare, di lavorare, di
inventare. E la musica “sudata” resta una delle vere magie che nessun video su
Youtube potrà mai sostituire». Ed è proprio con internet che la
comunicazione è uno degli spicchi dell’arancia che è più cambiato. «E’
cambiata, ma non evoluta: si sono evoluti i mezzi, ma non chi li usa
indiscriminatamente. Diciamo che si è adattata alla pressante richiesta di un
mondo che rotola, un inseguimento forsennato in cui non riesci a percepire né
il presente né il futuro». E’
cambiata sia nei modi e negli strumenti, che negli interlocutori. «Quando ho
cominciato vent’anni fa c’era il telex! Ora i media con cui lavoriamo ricevono
centinaia di mail al giorno: la facilità e la velocità di comunicazione sono
anche un problema. Il giornalismo si è allineato al resto
dell’informazione: contano i fenomeni, una vita privata ricca di colpi di
scena, la necessità di un “punto titolo”, di qualcosa da gridare invece che da
comunicare. Uno dei nostri compiti è più che mai suggerire chiavi di lettura ai
giornalisti, sapendo bene che non hanno tempo e attenzione. La comunicazione
non è padrona né serva, è al servizio, nel senso più nobile del termine: deve
assomigliare al progetto che promuove. Chi crede che un comunicato stampa ben
fatto non serva a niente “perché tanto non li legge più nessuno” sbaglia di
grosso, la comunicazione è il prezioso biglietto da visita di un progetto».
Una delle cause-effetto peggiori delle crisi è quella di sganasciare
ulteriormente la forbice fra grandi e piccoli, ricchi e poveri: forti e deboli.
Specie quando l’imbuto si strozza. Ma appunto: in una crisi e sulla lunga
distanza non è vero che la legge della giungla vince a discapito della qualità
e dell’onestà. «La scala d’importanza
data alle varie arti è direttamente proporzionale ai soldi che il mercato
corrispondente muove. La crisi economica conta (la gente spende solo sul
sicuro), ma conta anche l’assenza di una vera cultura critica e indipendente.
E’ l’atteggiamento “usa e getta” che ha rovinato, soprattutto, molti artisti.
La scelta e il trattamento della notizia paiono spesso seguire una strategia
che non esalta la validità della proposta. L’ufficio stampa sarebbe un lavoro
inutile in un mondo perfetto: un talento, una reale notizia, un’idea, un
evento, dovrebbero trovare la loro promozione già nel fatto stesso di essere
importanti per l’interesse comune. Il nostro lavoro nasce proprio perché il
mondo perfetto non è. Dovremmo riuscire a far emergere dal caos, a comprendere
la realtà e immaginare il futuro, cercare nuove vie, avendo ben chiaro il
valore di ciò di cui ci occupiamo. Perché quello che alla fine risulta più
importante è credere in ciò che si sta producendo, avere pazienza e costanza». Perché il bailamme attuale è un orizzonte triste,
ma dietro un orizzonte ce n’è sempre un altro... «L’Italiano medio è annoiato e poco curioso, assuefatto: sono ancora in
troppi a non avere capito che la cultura è invece un veicolo di crescita. Quello
che da qualche tempo sta tornando ad avere importanza, per fortuna, sono le
persone: bisogna riprendere le vecchie buone abitudini, cioè a “parlare”, la
nostra forza è costruire credibilità.
Senza diventare troppo romantici, il modo in cui fai il tuo mestiere, chi sei,
quanta voglia ci metti, fanno la differenza. A questo aggiungo che essere
convinti che sia davvero un mestiere bellissimo aiuta a mantenere alto il
livello».
Monica
Malavasi,
fra le sue esperienze come ufficio-stampa: Giorgio Gaber, Claudio Baglioni,
Luciano Ligabue, Pooh, Giorgia, Ron, Cesare Picco e i festival Cornetto Free
Music, Mantova Musica Festival, Le dieci giornate di Brescia.
Monica
Ripamonti,
fra le sue esperienze come ufficio-stampa: Franco Battiato, EMI, Sony Music,
Edel Records, e (per Mara Vitali Comunicazione) Ivano Fossati, Fiorella
Mannoia, Giunti Editore, Condé nast e i festival Festivaletteratura di Mantova
e MITO Settembre Musica.